IL BLOG

Questo Blog ha lo scopo di cercare di fare ridere (o almeno sorridere) in un campo, quello del calcio Bolognese, ormai troppo serioso e di riportarvici un po' di satira e di autoironia tipiche della tradizione di quella Bolognesità ormai assopita.

È un mezzo per esprimere la propria creatività ed è aperto a tutti quelli che ne vorranno fare parte. Basta avere due credenziali:
- tifare Bologna
- sapere fare ridere.

Quindi non ve ne abbiate, cari calciatori, dirigenti, giornalisti (del Bologna, ma anche Avversari) se ogni tanto Vi prendiamo in giro.

Se non ci fate sorridere lasciate almeno che ci proviamo noi!!

FORZA BOLOGNA SEMPRE!!!

martedì 2 novembre 2010

TIRA MOLLA

TRUMAN SHOW
Cagliari – Bologna 2 a 0. Domenica 31 ottobre 2010.
Ho visto la partita. Partita, parola grossa. Ho visto quel che è successo a Cagliari. Sinistramente uguale a mille domeniche da tifoso rossoblu.
E si dà il caso che ho preso l’impegno, ogni settimana, di scrivere un racconto sul Bologna, su questo blog. Allora, visto che a me della notte di Halloween frega proprio poco, eccomi qui.
Solo, stavolta è proprio dura. Scrivere, commentare, magari fare ironia sul niente è uno sforzo mica facile. Di getto di idee me ne vengono anche un bel po’, alla rinfusa, legate a questi giorni autunnali, riferite a quanto letto sui giornali, pescate nella mia memoria di povero cinemadipendente.
E allora le butto giù, sparse su foglietti di note o pagine di Word bianche.
Prima idea: Dolcetto o Scherzetto? Hm. Potrebbe funzionare. Ma anche no. Abbiamo finito caramelle e cioccolatini. E ci è rimasto solo lo scherzetto. Del cazzo, per giunta, signori cari.
Seconda idea: La Notte delle Streghe. Oppure, sottoidea, Zucche Vuote. Troppo catastrofico forse. Potrei tentare un fine parallelismo fra la notte in cui Porcedda prese il Bologna, cavandoci dai maroni, almeno in parte, i Menarini, e Halloween. Dalla speranza di allora, alla disperazione di oggi. Dalla notte delle seghe, a quella delle streghe, appunto. Ma no, che poi vado sul volgare e me lo segano.
Terza idea: La Festa dei Morti. Un po’ in anticipo, ma come morti, in campo, in effetti…scontato, lasciamo stare.
Quarta idea: Poteva anche Piovere. Citazione. Abusata. Non va bene.
Quinta idea: Porcedda non paga. Oppure paga solo se riesce a vendere gli immobili di sua proprietà. Ma non mi pare bello augurarsi che vengano venduti di botto 10 o 12 giocatori. Niente. A monte.
Sesta idea: mi trilla il cellulare. Darioz mi suggerisce Ghostbuster. Sì, forse… Di fantasmi ne ho visti, Garics e Cherubin sono due perfetti Guardiani di porta e Mastri di Chiavi. Solo, mi manca Sigurnì Uiver…a chi la faccio fare?
Settima idea: Il Nostro Campionato Inizia Oggi. Citazione, ancora. Per altro non nuovissima. La dice, da circa 30 anni, ogni allenatore del Bologna dopo un periodo grigio. Per rilanciare. Per ripartire alla grande. Per dare la carica. L’ha detto anche Malesani. A Cagliari. Sarà mica che porti sfiga? E perché se scrivo Malesani, il correttore automatico mi mette Malsani? Un caso? Oppure Word ha un simpatico sottoprogramma, molto ironico e competente in materia di calcio?
Bah.
Proprio dura. In questi casi, quando di idee ne hai tante, ma nessuna ti sconfinfera del tutto, è saggio cancellare tutto. Fare piazza pulita e mettere la mente in bianco. Chiudere gli occhi un attimo, immaginare…e…ecco che arriva, un’altra idea. Una storiella. Mica troppo centrata sul Bologna di Cagliari, ma potrebbe funzionare.
Andrà bene? Bè, intanto provo a raccontarvela. Si chiama Truman Show. Ennesima citazione.
Truman Show, dunque.
Il signor Gino non ha una vita particolarmente bella. E nemmeno particolarmente brutta.
Normale, come si dice. Normale, la crede lui.
Il signor Gino ha un lavoro che lo fa campare. Normale anche il lavoro. E normale è la casa in cui vive, il signor Gino, non una reggia, non una stalla.
Normale sembra essere il massimo, per quelli come il signor Gino.
Tutto fila liscio, per quelli come lui. Giornate piuttosto piatte e uguali. Normali. Non c’è niente di male, dopo tutto.
Ma anche le vite piatte e uguali, le vite normali, hanno bisogno di qualcosa che dia la carica. Di qualcosa che faccia battere un po’ il cuore. E il signor Gino, quel qualcosa, l’ha trovato. E’ una passione sportiva.
Che prende corpo la domenica, di solito.
La domenica infatti, per il signor Gino, c’è il Bologna. Tifa rossoblu da sempre, da trenta e rotti anni, il signor Gino. Da quando andò allo stadio per la prima volta da bambino. Faceva caldo, c’era Savoldi, c’era una Curva che sembrava un carnevale di luci, fumo e colori. E c’era una squadra con tante vittorie ancora fresche, che giocava a calcio bene e con orgoglio, che aveva un blasone. Che il signor Gino, all’epoca, mica lo sapeva cos’era, il blasone. Ma nel suo album delle figurine, sotto allo stemma del Bologna c’era una sfilza di scudetti, di coppe, c’era scritto che solo il Bologna e altre 3 squadre non erano mai andate in B. E sta cosa, al signor Gino, da piccolo, sembrava che col blasone c’entrasse molto. Ne era fiero.
Da quella prima volta, quella del Bologna con Savoldi, il sole, la curva in festa, gli scudetti e il blasone, il signor Gino non si è perso più una partita.
Il Bologna è quella cosa non normale che rende migliore la sua vita normale. Il rosso e il blu che danno colore al suo grigio.
Il blasone che da piccolo aveva solo intuito, il signor Gino l’ha capito bene con gli anni.
Vedendolo appassire, sbiadire, fin quasi a sparire.
Funziona così, si dice, le cose importanti le capisci quando non le hai più. E forse anche per il blasone del Bologna vale lo stesso: più si allontanano i ricordi delle gioie, più i trionfi diventano vecchi, più la storia si riempie di polvere e delusioni, più ci si rende conto di quanto sia importante. E si finisce, come per il signor Gino, per innamorarsi ogni giorno di più di quel Bologna ogni volta più disgraziato e lontano dai fasti d’un tempo. Un cigno diventato brutto anatroccolo, una favola al contrario, il Bologna del signor Gino. Ma il signor Gino a quel brutto anatroccolo vuole bene come a un figlio. E a un figlio si perdona tutto. Si crede che possa ridiventare cigno, un giorno.
Per quello, il signor Gino ogni volta che il Bologna gioca è presente allo stadio. Per quello non si perde una partita. Per quello butta giù da anni magoni come fossero grappini. Fanno Bum, in fondo allo stomaco, fanno luccicare gli occhi, fanno perdere la testa, a volte. Ma danno calore.
I “grappini” che si è bevuto il signor Gino in questi trent’anni abbondanti di Bologna, i magoni, sono, sommariamente, a memoria, sintetizzati per stagioni sennò vien notte:
· prima retrocessione storica del Bologna. Ad Ascoli. Nell’82, 2 a 1 per loro e il Bologna va giù per la prima volta nella vita. Una legnata, una roba che non pare nemmeno vera a chi ha più anni di Gino, inconcepibile.
· anno dopo, stessa storia, ancora giù, in C. Il Bologna in terza serie, roba da ribaltare il mondo dal proprio asse. Il presidente Fabbretti in galera.
· qualche anno di terrificante noia dopo la risalita in B, primo fra tutti quello dell’85, quando il Bologna si salva alla penultima vincendo a Varese. E segnando il secondo gol in trasferta di tutto il campionato. Cioè, per capirci, il signor Gino quell’anno, su 19 trasferte di B, ha esultato 2 volte per una rete. Due. C’è chi impazzirebbe.
· nuova retrocessione in B del 91. Da ultimi, vincendo tipo 4 partite in un anno. L’anno dopo la qualificazione in Uefa, solo 3 anni dopo aver pensato di poter tornare grandi con Maifredi e Corioni.
· due anni dopo, di nuovo in C. Bologna fallito. Il Bologna di Gnudi, per intenderci, quello di Casillo. E in mezzo anche una trattativa di mesi per cedere le quote a Gunther. Un cane. Non è uno scherzo, il Bologna lo doveva comprare lui, un pastore tedesco. Ma ricco. Un ereditiero a pelo lungo. E forse nemmeno peggio di certi giocatori che il signor Gino ha visto in campo.
· nel 93/94, un anno di C, senza risalire. Comincia lì, l’incubo Chievo, uno dei peggiori per il signor Gino, un quartiere di Verona che va in B, davanti al Bologna. E ai playoff, il Bologna esce con la Spal. E con un certo arbitro Farina.
· qualche anno di gioie, con la serie A riconquistata, campioni come Baggio e Signori, belle soddisfazioni. Ma sempre e inesorabilmente senza vincere nulla. Con delusioni cocenti come le semifinali di Coppa Uefa e Coppa Italia del 99, rubate. Il sogno che si infrange all’alba.
· il 2002, l’anno dei record. L’anno in cui il Bologna va come un treno. E all’ultima giornata passa in 90 minuti dalla Champions all’Intertoto perdendo a Brescia.
· il 2005. Terza retrocessione in serie B. Ancora. Stavolta dopo un agghiacciante spareggio.
· dopo, 3 anni di B. Si scopre che il Bologna sta fallendo di nuovo. E soprattutto Calciopoli. Il marcio del calcio viene a galla. Si preannuncia una svolta epocale, punizioni esemplari per i colpevoli, singoli e club che hanno gestito i propri tornaconti in maniera mafiosa. Risultato: il Bologna è l’unica squadra tra le innocenti a non beneficiare di nulla, anzi a essere beffato, visto che nel suo campionato, la B, viene messa la Juve che quel campionato lo deve vincere per diritto divino. Per il resto, le punizioni inflitte ai colpevoli sono come un Ave Maria e due Padre Nostro imposti a un pluriomicida.
· si arriva ai giorni nostri. Il Bologna è tornato in A. E ci è rimasto 2 anni non si sa come. O forse sì. Giocando peggio di tutti, perdendo quasi sempre. Ma con parecchia fortuna e qualche coincidenza astrale a saldo di anni di tragedie, in A ci è rimasto. Senza mai giocare a calcio.
E tutto questo, per non citare presidenti, direttori sportivi, allenatori, giocatori che costituiscono un bestiario clamoroso, nella memoria del signor Gino. Una roba per stomaci fortissimi.
Una presa per il culo lunga una vita, dunque. Un amore, quello del signor Gino, ricambiato poco. O niente. E con la beffa di essere erede di un passato di gioie non vissute direttamente. Ascoltate, lette. Sognate.
Oggi è il 31 ottobre 2010. Il signor Gino è a Cagliari. Dove gioca il Bologna. Come sempre. Quest’estate il signor Gino ha creduto che, forse e finalmente, qualcosa sarebbe cambiato. Il Bologna aveva svoltato. Pareva. Società nuova, mister nuovo, giocatori nuovi. Giovani, progetto, promesse. C’era di che essere felici.
Forse non sarebbero tornati i tempi belli che gli raccontava suo padre, ma insomma, un pelo di squallore in meno, qualche domenica di felicità probabilmente sarebbe arrivata.
In questa fine ottobre la realtà è un filino meno entusiasmante delle premesse estive. Il Bologna è infognato nei bassi fondi della classifica, così, tanto per ribadire, di calcio divertente solo qualche ombra ogni tanto, e lo spettro che la società non se la passi bene ad agitarsi sullo sfondo, a evocare gli incubi peggiori.
Ma il signor Gino spera ancora. Ci crede. Gli serve come l’ossigeno. E smettere di crederci non cambierebbe nulla. Tanto vale provarci. Ancora, come sempre.
Il Bologna se la caverà. E poi, fino ad oggi, quest’anno, ha avuto solo partite difficili. L’ha detto anche il mister. Il vero campionato comincia oggi. A Cagliari.
Il signor Gino entra allo stadio di Cagliari con questi pensieri. Con la speranza della svolta al centro del petto, come al solito.
Lo stadio è quasi vuoto, tira vento, il Cagliari è ultimo. Sta a vedere che stavolta…
Poi le squadre entrano in campo e la partita può iniziare. Il Bologna gioca in bianco. E cromaticamente fedele alla maglia che porta, va in bianco anche nel gioco. Il signor Gino non ama le statistiche. Ma non serve un Nobel per non poter contare due passaggi in fila. Non serve un genio per accorgersi che gioca solo il Cagliari. Che il Bologna sta facendo la stessa partita, identica, quella che fa da trenta e rotti anni. Quella in cui non gioca. Aspetta che gli altri facciano gol e l’arbitro fischi la fine. Tre decenni di giocatori che salgono su un aereo, prendono un pullman, entrano in uno stadio solo per potersi fare una doccia calda attorno alle 5 della sera. E’ questo il film uguale a se stesso che il signor Gino si sciroppa anche oggi. Come l’anno scorso, come l’anno prima, come 20 anni fa, come a Palermo. E’ stanco, il signor Gino. Molto stanco.
Il Bologna perde 2 a 0, ma il risultato è incidentale. Poteva essere 2 a 1, 10 a 2. Il signor Gino guarda il cellulare. Se avesse qualcuno da chiamare, lo farebbe. Se avesse qualcuno a cui chiedere perché, lo farebbe. Se avesse qualcosa con cui spiegare l’ennesimo viaggio umiliante, lo cercherebbe.
Nulla. Solo nulla. E’ normale anche questo. Forse.
Il signor Gino si avvia verso l’uscita, verso il traghetto che lo riporterà a Bologna. Almeno domani è festa, aveva pensato. Il primo novembre. Ci vado in nave, a Cagliari, che tanto il lunedì mi riposo. Recupero.
Poi, accade l’anomalia. Il fotogramma diverso nella pellicola monotona. L’ingranaggio che si inceppa. Capita.
Un boato.
Il rumore fortissimo di qualcosa che piomba giù dal cielo e si disintegra al suolo.
Il signor Gino si gira di scatto. Nel parcheggio dello stadio di Cagliari c’è un faro. E’ sbriciolato, a terra. Piovuto dall’alto, a pochi metri da lui. Ci sono frammenti di vetro ovunque. Il signor Gino guarda i fari dello stadio. Sono tutti al loro posto, quello per terra non si è staccato da lì. Quello che ora è al centro del parcheggio dev’essere piovuto dal cielo. Da un punto indefinito del grigio che sta sopra la testa del signor Gino. Gli inservienti dello stadio si prodigano a ripulire il parcheggio. Gli altri tifosi si frappongono tra il signor Gino e il faro caduto dal cielo. La polizia spinge il signor Gino verso il porto, gli fa fretta. Molta fretta. Inspiegabile fretta. Sembra che il pensiero di tutti sia portare via di lì il signor Gino prima possibile. Lontano dal faro. Dallo stadio. Dall’ennesima partita schifosa del Bologna.
Viene fatto imbarcare sulla nave coi privilegi di un politico. Immediatamente. Il signor Gino non ci capisce nulla. Il suo mesto tran-tran, il Bologna squallido e sconfitto, quelle sono bestie che lo mangiano dentro, lentamente, ci è abituato, non lo turbano. Questa specie di apocalisse personale invece non può spiegarsela. Lo sa divorando con canini di ansia alla giugulare.
Il traghetto salpa veloce. A bordo ci sono solo il signor Gino e l’equipaggio. Comincia a piovere intanto. Forte. Sempre più forte.
Il signor Gino resta sul ponte. In fondo alle retine il gol di Nenè, il faro precipitato e quel pandemonio scatenato per riportarlo verso casa. Un fulmine imbianca il cielo. Un cielo strano. Quasi finto.
E al signor Gino, per la prima volta nella vita, nella sua vita normale, nasce un dubbio, un leggero, sinuoso, malefico dubbio. Allora armeggia nella cassetta degli attrezzi che gli sta davanti sul ponte, toglie giubbotti e salvagenti, fruga ancora. E afferra la pistola di segnalazione lanciarazzi. Poi si avvia, sale le scale con calma, lo sguardo fisso davanti a se’, deciso. Apre lentamente la porta dell’ultima sala, in cima alla nave. Il comandante lo vede e gli va incontro. Il timoniere fa una faccia stupita. Un altro marinaio butta lontana una cosa che somiglia molto a una telecamera. Il signor Gino alza la pistola. La punta in faccia al comandante. Ordina di cambiare rotta. Se non lo fanno, spara. Se provano a fermarlo, spara. Se muovono un solo muscolo, spara.
La tempesta cresce. Il signor Gino si puntella contro una parete. La lanciarazzi sempre puntata verso i marinai.
Il timoniere prova a dire che con quel tempo è saggio fermare i motori, tornare verso Cagliari. Non si può andare avanti verso il nulla. Il razzo che frantuma il vetro della sala conferma le promesse del signor Gino. Si va avanti. Fino in fondo. Stavolta.
Già, in fondo.
In fondo alla tempesta, in fondo al mare buio, in fondo alla trasferta di Cagliari, il signor Gino ci arriva. In fondo alla sua vita normale.
Un impatto violento. La nave si scuote tutta, stride ferraglia, sbatte, rincula, poi comincia a piegarsi di lato.
Il signor Gino torna sul ponte. Lascia cadere la pistola.
La prua della nave è conficcata contro un muro. Un muro spesso e colore del cielo. Contro la fine del mondo. Del mondo del signor Gino.
Un riflettore potentissimo si accende lassù in alto, è uguale a quello caduto fuori dallo stadio, proietta una luce intensa sul signor Gino, fermo sul ponte come un ballerino al centro di un palco.
· Ora, qualcosa me la spiegate…- dice il signor Gino. Lo dice urlando, lui che non urla mai.
Una voce fuori campo, oltre il cielo, oltre il muro, riempie come un dio onnipotente la scena.
· Gino, non fare così. Non te la prendere. Non rovinare tutto…ti vogliamo tutti bene, qui…-
· Tutti chi?-
· Tutti. Noi.- dice la Voce.
· Quelli che mi prendono per il culo da più di trent’anni? Quelli che mi stanno facendo vivere un enorme messa in scena? Quelli che mi hanno riempito ogni domenica di merda? Quelli che hanno messo in piedi tutto sto reality show?-
· Noi. Quelli che ti abbiamo visto nascere, crescere, appassionarti al Bologna. Quelli che ti hanno fatto vivere ed essere il protagonista, di questo show.-
· Quindi, tutto finto? Centinaia di partite perse solo per me? Campionati orribili, retrocessioni…tutto finto, tutto simulato?-
· E’ un esperimento, Gino caro. E tu sei il centro di tutto. Dovresti esserne fiero. Il mondo un giorno ti ringrazierà…-
· Un esperimento?-
· Hm…sì. Vedi…ci siamo sempre chiesti…quante mazzate può sopportare un uomo, sportivamente parlando? Quante delusioni può mandare giù? Fino a che punto può tollerare?…E allora, sai, un po’ in questi anni ci siamo dati a fare…di prove te ne abbiamo fatte passare un bel numero, lo ammetto…Ma tu, tu sei fortissimo, Gino. Non puoi fare finire questa cosa…lo sappiamo che ti piace, non puoi farne a meno…Sei bravissimo, una roccia.-
· E i presidenti, le squadre, gli allenatori, in questi anni…-
· Attori. Bravi però. C’ho qui anche il cane Gunther. Adesso fa Rex.-
· E Moggi?-
· Un attore. Aveva una compagnia sperimentale di teatro. A Rebibbia. E’ piuttosto capace…-
· E Menarini?-
· Attori anche loro. La figlia è intelligentissima nella realtà. Il padre è un volontario di Emergency, nella vita reale…-
· Quindi anche oggi a Cagliari…-
· Bè, sì. Hai visto che gol che han fatto? Ti pare una difesa vera, quella? Cherubin è un elettricista di Mogliano, Britos fa il tappezziere a Montevideo…sapessi quanto ci costa in voli aerei ogni settimana...-
· E Pieri? E Fabbretti? E Casillo, Gazzoni?-
· Attori…dai, Gino, l’hai capito, su…-
· Anche Zenoni?-
· No, quello era un ex-calciatore e…-
· Eh, l’avevo capito, infatti…-
· Dai, Gino. Torna sotto coperta, che prendi un malanno. Dormici su. Non far finire tutto sul più bello…-
· Hm. Sul più bello? Perché, cosa prevede il copione, ora?-
· Mah, sai…pensavamo al fallimento, con Porcedda, sai il remake piace sempre al pubblico…a qualche penalizzazione intanto, così, per vedere che effetto ti faceva…un po’ di Interregionale l’anno prossimo…-
· Ah. Bè, sapete che c’è? Andate a fanculo. Esco di scena. E qui dentro ci mettete qualcun altro. Provate con un gobbo, fanculo, fanculo, fanculo…-
· I gobbi? No quelli sono già scritturati, fan parte di un altro spettacolo. Va in onda di notte, dopo il Consorzio Nettuno, Casi Umani, si intitola. Cerchiamo di dare un po’ di gioia ai diversamente abili e…-
· Vabbè, io comunque, me ne vado. Dove si esce?-
· Sicuro? Ripensaci, Gino. Ri-pen-sa-ci. Avrei anche una proposta da farti…-
· Sentiamola.-
· Te la dico in un orecchio.-
La Voce e il signor Gino parlano piano, l’audio sfuma.
Gli spettatori dello show “Il Tifoso più sfigato del mondo” assistono col fiato sospeso. Senza poter capire, gli occhi incollati allo schermo. Lo share è alle stelle. Un successo planetario senza precedenti.
· Ok.- dice Gino alla fine – Ora, riportatemi a casa. Che se sabato battiamo il Lecce…-

Spengo la tv.
Onore a te. Signor Gino. Ti voglio bene.
E se domenica battiamo il Lecce…



Molla

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