IL BLOG

Questo Blog ha lo scopo di cercare di fare ridere (o almeno sorridere) in un campo, quello del calcio Bolognese, ormai troppo serioso e di riportarvici un po' di satira e di autoironia tipiche della tradizione di quella Bolognesità ormai assopita.

È un mezzo per esprimere la propria creatività ed è aperto a tutti quelli che ne vorranno fare parte. Basta avere due credenziali:
- tifare Bologna
- sapere fare ridere.

Quindi non ve ne abbiate, cari calciatori, dirigenti, giornalisti (del Bologna, ma anche Avversari) se ogni tanto Vi prendiamo in giro.

Se non ci fate sorridere lasciate almeno che ci proviamo noi!!

FORZA BOLOGNA SEMPRE!!!

giovedì 11 novembre 2010

TIRA MOLLA


The Ring

Genoa-Bologna. La partita è sorprendentemente finita 1 a 0 per loro. Abbiamo perso in trasferta. Strano.
Adesso ne parliamo, ma prima facciamo un passo indietro. Che c’è l’antefatto, come si suol dire.
E’ la sera di lunedì 8 novembre. Il Presidente Porcedda è a casa sua, a Cagliari, passa la serata in famiglia, godendosi un po’ di relax dopo la vittoria col Lecce.
Nel salone che si affaccia sul golfo, fanno bella mostra di se’ gli origami del presidente fatti con i fax dell’Agenzia delle Entrate, un bersaglio per le freccette con la faccia della Menarini e una foto con Colomba e Baronio che limonano.
Purtroppo sul satellite, il Pallone nel 7, la trasmissione preferita da Porcedda quando non ha le Fave di Fuca nella credenza, fuori Bologna non si vede. Sui canali nazionali la scelta è tra Grande Fratello e Saviano. Troppo stupido il primo, e poi c’è il rischio di trovarci Khrin, nella Casa. Troppo impegnativo il secondo, e poi non c’è Longo a tradurgli Gomorra.
Su Sky hanno una programmazione di film che Don Camillo è il più nuovo.
Il presidente allora cerca nella sua videoteca personale qualcosa di interessante. Passa in assegna ogno scaffale:
video di Ramirez, Sardo nel buio, video di Ramirez, Natale ad Arzachena, video di Ramirez, Pàtagar, video di Ramirez, Sardo & il Cash?, video di Ramirez, La Mummia, video di Ramirez, La Mummia 2 – Francy, video di Ramirez, Francis il mulo parlante, video di Ramirez…
E questa?
Porcedda prende una videocassetta senza alcuna etichetta. Stava lì, tra Quei Bravi Lannazzi e un video di Ramirez. Il presidente non ricorda di averla mai vista. Non sa cosa sia. Non sa chi possa averla messa lì. Sua moglie neppure, ma è stanca e va a letto e allora Porcedda resta solo, in sala. Solo e con la cassetta misteriosa in mano.
Vista l’assenza di un’alternativa televisiva decente, il presidente prova a vedere cosa c’è nella cassetta anonima comparsa dal nulla. La infila nel videoregistratore che gli ha prestato Longo, visto che il suo bancomat alla Comet dava credito insufficiente. Accende la tv.
Sullo schermo appare immediatamente la classica schermata lattiginosa dell’interferenza, che poi sfuma, e parte un bianco e nero assurdo e inquietante. C’è un cerchio nero che si chiude, come un’eclissi di sole, poi le immagini di un faro costruito dalla Cogei, poi la Menarini che si pettina allo specchio, poi Zenoni che si lancia da una scarpata, dei cavalli in agonia e Lanna in campo e non si nota la differenza, il fotogramma di un vecchio a Mauritius. Infine appare l’immagine ansiogena di un pozzo. Isolato, in mezzo a un prato. Alberi secchi e neri sullo sfondo. Dal pozzo esce lentamente Bortolotti con un bulbo lunghissimo calato sulla faccia, si avvicina alla macchina da presa a gattoni. L’immagine sparisce. Lo schermo diventa nero.
Porcedda è spaventato. Molto spaventato.
Alle sue spalle, squilla il telefono, ed è come una coltellata. Un brivido corre lungo la sua schiena.
Il Presidente risponde.
-Eja?-
-Hm, bof, hm, sei meno meno….SETTE GIORNI !-
Porcedda rimane qualche secondo perplesso e basito. Chiama Longo.
-Mi ha chiamato lei, direttore?-
-Mi ha appena chiamato lei, presidente… Io sto visionando il battesimo di mio nipote. Ha del talento. Se trova 2 milioni, lo opziono.-
Poi il presidente chiama Marras.
-Silvino, mi hai cercato?-
-No, ma già che ci siamo, se mi vuoi ridare i soldi della Rustichella di quando siamo and…-
Il presidente mette giù. Chiama Malesani.
-Mister, mi ha telefonato lei, pochi minuti fa?-
-Oshteria nuhmero ventiiii, paraponsiponsipon, se ‘a mona ‘vesse i dehnti…dai tuti in coro, casso!, paraponsiponsipon…-
Il presidente si siede in poltrona. Gli occhi sulla tv spenta e l’immagine della Menarini che si pettina, quella di Bortolotti che esce dal pozzo, ancora impresse nella mente.
Ma soprattutto quella voce. Sette giorni. Un tuono risuona lontano. Un altro brivido zampetta di vertebra in vertebra. I maloreddus in gola.
Che vorrà dire? Sette giorni…fra sette giorni è il 15 novembre. Cosa succede il 15 novembre?
Irpef e stipendi, Sergio, urla la moglie dalla camera. Adesso vieni a letto, dai.
Fine dell’antefatto.

Il Bologna va a Genova quindi con il terrore in fondo al cuore. L’horror che diventa realtà si è impossessato di Casteldebole. Per far fronte a questo stato d’ansia palpabile, alla minaccia ricevuta dal presidente da un’oscura vocina, squadra e tecnico fanno quadrato.
Sfiga, il pallone invece è tondo e in genere servirebbe saperlo far ruzzolare e non prenderlo banalmente a calci.
Avendo 3 partite in 8 giorni, Malesani pensa al turnover. Solo che il traduttore di itdicios.com, alla voce turnover, dà come prime 4 traduzioni inglese-italiano, nell’ordine, dolce, fatturato, indice e movimento. Controllate, se non ci credete.
E allora Malesani prima si mangia una zuppa inglese con molto alkermes, poi chiede al presidente come stanno i conti della società, poi si rosicchia l’indice, infine pensa a chi può fare movimento.
Risultato. Si sbronza, il bilancio è tragico e bisogna far giocare quelli da mettere sul mercato, l’unghia dell’indice del mister è cortissima e in campo vanno i podisti. Quelli coi pieni buoni se ne stiano seduti. Che sono anche permalosi. Casso.
L’unica cosa che cambia rispetto alla partita col Lecce è Ekdal al posto di Della Rocca, che non sta bene. Per il resto, tutto uguale, nessuna concessione al gioco e pure Di Vaio ancora ala sinistra. Marco è contentissimo. Anzi pare abbia chiesto al mister se eventualmente ogni tanto può anche tirargli un cartone sulle gengive, per essere contento del tutto.
Prima del fischio di inizio, la tv inquadra un bimbo sui 3 anni che sventola una bandiera rossoblu. Probabilmente quella del Genoa. Longo, di fianco a lui, gli fa firmare un biennale.
Da casa, Colomba invece si fa faxare la posizione Inps di tutti i cineasti nati prima del ‘58. Se mai dovesse saltare la panchina e lui essere richiamato, un regista serve.
La partita inizia ed è bello avere delle certezze. E’ la stessa partita in trasferta di sempre. Gli altri tutti avanti, che sia il Real o la Cavese, noi dietro a pregare. Facciamo ostruzione e abbiamo paura. Tanta paura, sempre. Però, come dice l’antefatto, stavolta il motivo c’è. E allora è inutile arrabbiarsi. Provate voi a giocare a pallone vivendo dentro a The Ring.
Rispetto a Cagliari comunque va meglio. Perché il Genoa non becca in porta. E allora Viviano, il portiere con l’area più frequentata al mondo, non deve fare miracoli.
Finisce il primo tempo. Zero a zero, un successone. Dagli altri campi arrivano risultati scoraggianti. Fanno punti tutte. Non abbiamo più nemmeno quella scusa lì, il calendario sfavorevole. Da quando è favorevole siamo ancora là in fondo. La paura diventa terrore, il pozzo di Bortolotti è il fotogramma ricorrente nella mente di tutti.
E si ricomincia.
Inizia il bombardamento, entriamo nella sindrome trincea. Traversa, parata di Viviano, rimpallo, angolo, parata. Buscè scrive lettere alla moglie rannicchiato sotto i sacchi di sabbia, Rubin dice a Britos Dille che l’ho sempre amata, Perez è la versione calcistica di Bud Spencer. Nel dubbio, picchia tutti. Radovanovic è nella lista dei dispersi in azione.
Poi arrivano i cambi. Alkermes toglie Ekdal. Mica una gran rinuncia. Ma Ekdal, in mezzo ai fabbri, è quello che ha piedi meno barbari. Mette dentro qualità? No, mette Casarini. Perfetto, altro mezzofondista. Fa movimento pure lui. Maledetto traduttore di merda.
Poi toglie Meggiorini, ed entra, mo vè, Ramirez. Che tocca due palloni e uno si chiede cosa ci sta a fare lui in campo, che sa giocare a calcio. Intanto Di Vaio chiede al quarto uomo un appuntamento per il tagliando, che dopo i 30.000 chilometri in fascia è meglio farlo.
Siamo ancora incredibilmente pari.
Infatti.
Gol di Milanetto. Il mezzofondista subentrante lo perde, il genoano la imbuca bene.
Manca poco, meno di dieci minuti. La Menarini si pettina allo specchio.
Entra Gimenez, il permaloso. Esce Buscè, che va a imbucare la lettera alla moglie.
Come sempre, al diavolo, sempre, cominciamo a giocare a partita finita. A due tocchi, con Di Vaio centravanti, che sarebbe il suo ruolo, e i due uruguagi a palleggiare bene. Non serve a nulla, ovviamente. Sfioriamo il pareggio, ma sarebbe un furto e noi non siamo la Juve.
Uno a zero, l’arbitro fischia la fine.
I giorni non sono più sette. Ma quattro.
Malesani in intervista dice di essere contento. Poi saluta le due Rita Mandini che vede davanti a se’.

Domenica arriva il Brescia.
Bisogna vincere. Al solito siamo in quella condizione.
Lunedì arriva la scadenza.
Bisogna pagare. Al solito siamo in quella condizione.

Paura eh?

Molla









1 commento:

  1. davvero complimenti all'autore!
    uun tifoso del Bologna da sempre e da padova

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