IL BLOG

Questo Blog ha lo scopo di cercare di fare ridere (o almeno sorridere) in un campo, quello del calcio Bolognese, ormai troppo serioso e di riportarvici un po' di satira e di autoironia tipiche della tradizione di quella Bolognesità ormai assopita.

È un mezzo per esprimere la propria creatività ed è aperto a tutti quelli che ne vorranno fare parte. Basta avere due credenziali:
- tifare Bologna
- sapere fare ridere.

Quindi non ve ne abbiate, cari calciatori, dirigenti, giornalisti (del Bologna, ma anche Avversari) se ogni tanto Vi prendiamo in giro.

Se non ci fate sorridere lasciate almeno che ci proviamo noi!!

FORZA BOLOGNA SEMPRE!!!

martedì 15 febbraio 2011

TIRA MOLLA

Il sesso degli Angeli

Oh, dopo tante settimane a sfondo smaccatamente profano, a ‘sto giro viro sul sacro, per parlare del Bologna. D’altronde, quando si perde, quando si perde di brutto come a Genova domenica scorsa, io mi sento molto ma molto vicino a Dio. Gli parlo con insistenza, diciamo.
Purtroppo, non essendo troppo avvezzo a trattare la materia in questione, posso solo andare per le spicce, giocare sui luoghi comuni, utilizzare quella scarsa infarinatura di catechismo sepolta nella memoria. Non si offenda nessuno, quindi, lo ammetto, sono in fallo. E non c’è doppio senso.

Dunque, prendiamola da lontano. Da Bologna-Catania, 1 a 0, la partita che ha inciso un solco piuttosto profondo tra noi e le inseguitrici, o comunque fra noi e la zona B. Gioia e gaudio per il risultato e per una classifica che, anche coi 3 punti di penalizzazione, anche con la partita con la Roma da recuperare, risultava fantastica. Sostanzialmente, ci siamo messi tutti, almeno per un po’, l’animo sereno covando la concreta speranza di non dover soffrire come cani. O almeno non come gli ultimi due anni. I più scettici hanno ricordato come il campionato fosse ancora lungo, come il calendario non fosse agevolissimo a breve, come anche l’anno scorso a un certo punto eravamo tranquilli, poi abbiamo dovuto ringraziare Zapata e Peluso, non esattamente due nostri attaccanti, per portare a casa la pellaccia. Avevano ragione, mica no. Ma un vigoroso ed esorcizzante strizzamento di maroni credevo bastasse per risolvere la cosa.
Comunque, dicevo, finita la partita Bologna – Catania, l’umore del tifoso bolognese medio era tra il raggiante e l’entusiasta. Nei discorsi da bar, sui forum, nelle trasmissioni locali, i messaggi che intercettavo erano tutti a tinte rosa.
Poi, sono uscite le prime notizie sulle condizioni dei nostri eroi dopo la sfida col Catania, che, e si era capito anche allo stadio, aveva avuto connotazioni più gladiatorie che calcistiche, per il simpaticissimo atteggiamento degli etnei, molto propensi a picchiare qualsiasi cosa si muovesse sul prato, indiscriminatamente.
Ecco, i referti medici usciti dopo la partita erano una specie di bollettino di guerra, roba da trincea sull’altopiano di Asiago nel ’15-’18: Britos con naso e fronte fratturati, Ekdal senza una coscia tipo Toti, cose così. Alle quali si aggiungevano le squalifiche e altri infortunati recenti, per esempio Ramirez, detto lo Sfigurato, dopo l’altra partita interna, quella con gli ancor più simpatici laziali.
Di fronte a questa catastrofe, a una lista assenti, degenti e dispersi in missione, che avrebbe ridotto i ranghi per le successive delicatissime sfide con Samp, Palermo, Roma e Juve (sempre generosa con noi la fortuna quando si sorteggiano i calendari), e preso atto che toccarsi le balle non conta un tubo, il succitato entusiasmo si era un po’ smorzato, ma era emersa una nuova tendenza.
Ovvero, la Beatificazione in vita di tecnico e giocatori, sopravvissuti a qualsiasi tipo di evento contrario, da settembre ad oggi, una lista di guai e avversità da far paura: Porcedda e Menarini, punti di penalizzazione, stipendi non pagati, rischio di fallimento, arrivo dell’imperatore del caffè con Baraldi, addio dell’imperatore del caffè con il concubino parmense, varie ed eventuali. Roba da cuori forti, affrontata con uno spirito eccezionale, anche in partite come quelle con Lazio e Catania, appunto, squadre provocatorie e zeppe di discendenti del meretricio più laido. Con risultati fantastici per i nostri colori. Degli eroi, i nostri, ne eravamo e ne siamo convinti tutti nel profondo.
Solo, io che in genere credo di essere persona pacata e ragionevole, ma che riguardo al calcio tendo a esagerare e vedere tutto o bianco o nero (juve merda, ndr), non mi sono fermato a quell’entusiasmo, alla richiesta di beatificazione di cui sopra. Mi sono spinto oltre. Ho intimamente pensato, immaginandomi il lazzaretto Casteldebole con gente bendata nelle brande, amputazioni sommarie, rumori di bombardamento in sottofondo, che i nostri non fossero solo eroi, o martiri. Ho pensato che fossero Angeli. Esseri superiori e celesti, le creature più perfette e simili al Sommo, inviateci in campo a parziale risarcimento di decenni di delusioni agghiaccianti.
Come altro avrei potuto considerare un ragazzo come Ekdal che si immola e sta in campo su una gamba sola? Cosa avrei potuto chiedere di più a un Di Vaio? Come non ritenere divino il talento e lo spirito di sopravvivenza di un Ramirez che gioca con la faccia sfondata? Come non credere che fossero Angeli, quelli che sono riusciti a non fare a cazzotti con i giocatori del Catania che i cazzotti li meritavano solo a guardarli in faccia?
Angeli, questi sono Angeli, mi ripetevo la settimana scorsa. E la cosa mi dava forza, in prospettiva.
Un po’ perché quando si è in ottimi rapporti col Padreterno un po’ conta, un po’ perché questa superiore e alata propensione dei nostri mi rincuorava in vista della trasferta di Genova, contro una Samp in crisi profonda. Nonostante le assenze, nonostante l’emergenza, mi dicevo, i ragazzi hanno un’ispirazione trascendente e una forza interiore da bonzo tibetano, sapranno andare a Marassi, affrontare la prevedibile sfuriata dei ciclisti, e affondarli definitivamente con la calma solenne degli eletti.
Sapevo bene che partite come quella con la Sampdoria sono da sempre delle trappole insidiosissime, nelle quali storicamente noi inciampiamo. Sapevo che un animale ferito come la squadra di Di Carlo, un altro che mi sta simpatico come un crampo di notte, è pericoloso. Ma sapevo anche quanto sia fragile l’equilibrio di certe situazioni. A Genova, riflettevo, bisogna passare indenni la prima mezz’ora, poi loro se la faranno sotto e noi colpiremo come cobra.
O come Angeli, appunto. Imperscrutabili, imperturbabili, superiori. Per natura.
Bastava solo avere carattere, i famosi attributi, e avremmo fatto un bello scherzetto ai blucerchiati.

Questo, accadeva nel mio cuore rossoblu, o più prosaicamente nella mia testa, fino a domenica mattina.
Poi, è arrivata la partita.
Avevo appena fatto una capatina in centro, a sostegno della manifestazione che rivendicava il ruolo della donna italiana, dei suoi diritti, della sua dignità. E, sfiga, mentre in macchina raggiungevo il televisore più vicino per gustarmi la partita, mi è capitato di pensare a tutte queste cose. Al significato di quel corteo, alla disparità dei sessi.
Sessi. Sesso. Sesso. No, stiamo calmi, non è che mi sono eccitato, guidando. E’ che come un lampo, una lontana reminiscenza ecclesiale mi è balenata nel cervello.
Potevo concentrarmi su quel deficiente che ci stava mettendo più del dovuto a realizzare che era diventato verde, all’incrocio. Potevo rilassarmi con un po’ di buona musica. Potevo alambiccarmi a trovare la frequenza della radiocronaca per sentire le formazioni ufficiali. Invece no. Cazzo. Quel pensiero è venuto fuori, così, bastardo, e mi si è stampato a lettere di fuoco sulle sinapsi prepartita.
Gli Angeli, per definizione, non hanno sesso. Solo questo. Preciso. Pensiero.
Cosa c’entra? C’entra.
Perché il sillogismo successivo è stato: Ma se gli Angeli non hanno sesso, se i nostri giocatori sono Angeli, e se a Genova servono gli attributi…cioè, insomma,…non è che qualcosa non torna?
Ora, a parte che immaginare gente tipo Perez o Portanova lisci come bambole lì sotto, oppure un Mudy versione Cicciobello Nero, col pirolino microscopico e atesticolato, è una cosa spiacevole anche solo da pensare, e ancora meno piacevole se qualcuno glielo va a riferire, temo, ‘sta storia ha cominciato a preoccuparmi. Mi si è insinuato il tremendo e crescente dubbio che a Genova gli Angeli non erano i più adatti ad affrontare la battaglia. Sarebbero serviti dei demoni, magari, spietati e senza scrupoli per i genovesi in crisi.
Ho parcheggiato, ho cercato di rimuovere questi pensieri foschi che si facevano largo e mi sono messo a guardare la partita.
Reggere all’inizio, dicevo. Poi affondarli. Con gli attributi.
Infatti.
Gli Angeli, i nostri Angeli rossoblu, per l’occasione vestiti da evidenziatore (per fare pendant con l’aureola, immagino), hanno dimostrato una pietas davvero celeste, nei confronti dei doriani, uno spirito assistenziale e caritatevole degno delle Orsoline.
Pim, pum, pam. Sotto 3 a zero in un amen, tanto per stare in tema. Dopo un quarto d’ora sarei potuto tornare al corteo, che la partita era già sepolta.
L’Angelo Casarini fa fallo, punizione, gli Angeli Mudy e Meggio che si aprono tipo Mar Rosso, gol. Angolo, l’Angelo Moras si scosta da Gastaldello, l’Angelo Viviano non esce, gol. Rimpallone a centrocampo, gli Angeli della difesa arrancano, Maccarone s’invola e bolla.
Rimango sbigottito.
Il dubbio di prima, quello sul sesso degli Angeli, quello che per logica ci avrebbe impedito di avere gli attributi necessari, materializzato davanti ai miei occhi.
Nei successivi 75 minuti, tra osanna e canti gregoriani arriviamo in fondo. C’è pure spazio per il gol dell’Angelo Paponi, così per ribadire che la partita che sto guardando è piuttosto strana.
3 a 1. Tutti a casa.
Una reazione a dire il vero c’è stata. In campo non abbiamo certo gli ectoplasmi delle ultime annate, e anche una giornata delirante come questa non inficia per nulla su quanto penso dei giocatori e del mister.
Angeli erano e Angeli restano, per quello che hanno dimostrato e per quello che ci stanno dando.
Mettiamoci alle spalle la brutta esperienza, va.
E magari scendiamo dalle nuvole. La classifica resta praticamente immutata, abbiamo tutto per toglierci delle soddisfazioni. Serve solo ripiegare un po’ le ali, tornare a essere un pelo più umani, e il gioco è fatto.
Insomma, come dire, basterà essere meno paradisiaci putti asessuati, e più grintosi roccosiffredati. Tutto qui.

Sfiga, le vicende societarie non aiutano.
Niente Zanetti, niente Cazzola.
A proposito del sesso degli Angeli…

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